Concorrenza fiscale in Europa: regimi « non dom »

Concorrenza fiscale in Europa con i regimi “non dom”

A confronto: Italia, Portogallo, Gran Bretagna, Irlanda e Svizzera

30.11.2020

Negli ultimi anni, si è accentuata la concorrenza fiscale in Europa tra i Paesi che praticano i regimi “non dom”, vale a dire quei regimi che permettono di risiedere in Paesi a fiscalità elevata senza essere assoggettati alle ordinarie imposte del Paese di residenza.

Il primo Paese ad applicare il regime “non dom” fu la Gran Bretagna nel lontano 1799, con l’obbiettivo di incrementare gli introiti delle casse del Regno per finanziare le guerre napoleoniche. Seguì la Svizzera nel 1862 con il Canton Vaud per incrementare le casse dell’erario, sviluppare l’economia e soprattutto il turismo locale. Da allora le rive del lago Lemano divennero e continuano ad essere il punto nevralgico per un turismo internazionale del Canton Vaud.

Nel corso degli anni il regime “non dom” è stato adottato da vari altri Paese europei[1] e solo recentemente anche dall’Italia. Tutti con lo scopo di attrarre nel proprio Paese stranieri milionari, con l’obbiettivo non tanto di incrementare il gettito erariale, ma di agevolare la residenza a personaggi con patrimoni importanti in grado di generare reddito e ricchezza.

Trattasi di regimi fiscali “leciti”, nel senso che non vengono considerati dalla Commissione europea come facenti parte di una concorrenza fiscale “dannosa”, posta in essere come forma di elusione fiscale. Le imposte sul reddito personale rientrano nella competenza dei singoli Stati e i regimi che esaminerò qui di seguito sono tutti compatibili con i principi comunitari e con le linee-guida OCSE tanto da non potere essere qualificati come “harmful tax practices”.

Se è vero che i suddetti regimi non urtano i principi comunitari e le linee-guida OCSE, potrebbe restare aperta la questione sulla discriminazione verso i residenti che non possono usufruire degli stessi vantaggi fiscali, con la conseguente questione sulla tenuta costituzionale di tali regimi. Tuttavia, non si può non tenere conto che nella fattispecie ci si rivolge a contribuenti particolari che, in assenza di questi regimi, non si stabilirebbero mai in quel Paese. La presenza di stranieri milionari costituisce una maggior risorsa per quel Paese, grazie all’ingente loro possibilità economica nel poter spendere e creare ricchezza, anche nell’interesse del bene pubblico. Pertanto, nella fattispecie il tema della costituzionalità non dovrebbe essere esaminato sotto l’aspetto della eguaglianza tra gli abituali contribuenti di quel Paese e i neo-residenti, in ragione del fatto che questi ultimi sono chiamati specificatamente per portare una risorsa extra all’economia locale.

In quest’articolo accennerò ai regimi “non dom” di quei Paesi che hanno avuto maggior successo. Premetto che il modello italiano, probabilmente perché è uno degli ultimi ad essere stato concepito, è a mio avviso attualmente quello con più appeal, tanto da essere preferito dai Paperoni che inizialmente avevano scelto Paesi come la Svizzera e la Gran Bretagna. In meno di 18 mesi ha attirato 421[2] capifamiglia (fine 2019) provenienti in gran parte anche dai citati Paesi e la stima odierna potrebbe aggirarsi intorno a 600 capifamiglia (a distanza di soli 30 mesi dalla sua introduzione).

ITALIA: flat tax e regime neo-residenti lavoratori dipendenti, autonomi e pensionati

Nel 2017 l’Italia ha introdotto il regime della flat tax per attirare super ricchi stranieri con un’imposta fissa di Euro 100mila su tutti i redditi prodotti all’estero, mentre nel 2019 (decreto n. 34/2019) ha esteso notevoli vantaggi fiscali anche a lavoratori dipendenti e autonomi, nonché ai pensionati (Legge bilancio 2019) che decidono di trasferire la residenza in Italia.

Con i suddetti regimi, l’Italia offre attualmente le migliori condizioni fiscali in Europa alle persone fisiche che decidono di trasferire la propria residenza nel Bel Paese.

Flat Tax, tassa dei Paperoni:

Possono beneficiare di questo regime tutti gli stranieri, come pure gli italiani, che non hanno avuto la residenza fiscale in Italia negli ultimi 10 anni, mediante pagamento di una tassa fissa di 100mila euro l’anno su tutti i redditi prodotti all’estero. Sono escluse unicamente le plusvalenze estere tassabili in via ordinaria generate dalle partecipazioni qualificate[3] se realizzate nei primi 5 periodi d’imposta del neo-residente.

Uno dei personaggi più noti a beneficiare di questo regime è stato il calciatore Cristiano Ronaldo, trasferitosi in Italia nel 2018, subito dopo avere lasciato il Real Madrid per la Juventus. Grazie al regime flat tax, Ronaldo paga attualmente Euro 100’000 su redditi prodotti all’estero di svariate decine di milioni, mentre sul reddito percepito in Italia dalla Juventus pagherà l’aliquota ordinaria.

Il regime flat tax ha una durata di 15 anni, può essere esteso dal capofamiglia anche ad ogni altro suo famigliare con il pagamento di euro 25mila/anno e prevede anche le seguenti altre importanti agevolazioni:

  • esenzione imposte sulle donazioni e successioni per i beni detenuti all’estero;
  • assenza di richiesta di informazioni sul patrimonio detenuto all’estero;
  • esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore degli immobili detenuti all’estero (IVIE), nonché, dal pagamento dell’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio (IVAFE);
  • selezioni dei Paesi da escludere per poter usufruire delle CDI;

Per accertare in via preventiva il diritto di poter beneficiare della flat tax, conviene presentare istanza di interpello probatorio di cui all’art. 11, comma 1, lett. b) della legge 27 luglio 2000, n.212. L’istanza può essere presentata anche se il soggetto interessato non ha ancora trasferito la residenza in Italia, ma intenda conoscere preliminarmente e preventivamente il parere dell’Amministrazione.

Sulle modalità di come ottenere l’agevolazione rimando a due miei precedenti articoli Italy moves to attract high net worth foreigners e Italia nel mirino dei super ricchi

Regime “non dom”: Impatriati lavoratori dipendenti, autonomi e pensionati

Con il decreto crescita (D.L. 34/2019) convertito con Legge n. 58/2019, l’Italia ha inoltre introdotto il regime “non dom” fiscalmente più attraente in Europa per lavoratori dipendenti e autonomi,

I lavoratori stranieri dipendenti o autonomi possono beneficiare di un’agevolazione fiscale pagando le imposte unicamente sul 30% del loro reddito. L’agevolazione viene estesa anche al reddito d’impresa prodotto dall’impatriato che avvia un’impresa in Italia.

La suddetta esenzione fiscale del 70% potrà essere estesa al 90% qualora il lavoratore abbia almeno 3 figli a carico oppure qualora la residenza venga trasferita in una delle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia o Sardegna.

Tenuto conto che l’aliquota massima ordinaria IRPEF ammonta in Italia al 43%, significa che coloro che pagano le imposte sul 30% del loro reddito beneficeranno di un’aliquota del 12.9% sul 100% del loro reddito, mentre l’aliquota scende addirittura al 4.3% per coloro che trasferiscono la residenza in una delle suddette regioni del mezzogiorno (esenzione del 90% del loro reddito).

Condizione necessaria per poter beneficiare di questo regime è non avere avuto la residenza in Italia nei due anni precedenti il trasferimento e l’obbligo di mantenere la residenza in Italia per almeno due anni successivi il trasferimento.

Stranieri pensionati

Molto competitivo è anche il regime fiscale italiano per i pensionati stranieri che decidono ti trasferirsi in un Comune delle suddette regioni del mezzogiorno con popolazione non superiore a 20’000. I pensionati potranno infatti beneficiare della vantaggiosa aliquota imponibile del 7%.

Dal momento che il Portogallo ha abolito a partire dal 2020 la detassazione totale delle imposte dei pensionati stranieri, portando l’aliquota al 10%, le suddette regioni italiane saranno di forte appeal per i pensionati stranieri.

PORTOGALLO – Regime fiscale per residenti non abituali (RRNH Program)

Il regime “non dom” portoghese ha avuto il suo maggior successo (come numero di pensionati impatriati) con la totale detassazione dei pensionati stranieri trasferitisi nel Paese. Tale normativa, introdotta nel 2009, non è più in vigore dal 2020 per volontà del governo socialista che ha voluto tassare le pensioni estere con il 10%.

È rimasta la detassazione totale per un periodo di 10 anni per quei soggetti il cui reddito è costituito principalmente da royalties, dividendi, capital gain e interessi di fonte estera, a condizione che tali redditi siano stati tassati nello Stato della fonte e non vengano considerati percepiti in territorio portoghese. A differenza del regime “non dom” italiano, che esenta il neo residente dal giustificare i redditi e patrimonio detenuti all’estero, lo straniero che si trasferisce in Portogallo è tenuto a documentare il reddito estero e a comprovare che venga tassato nello Stato da cui proviene.

Un’imposizione fiscale agevolata viene anche offerta alle categorie di lavoratori dipendenti e autonomi (artisti, ingegneri, architetti, medici, commercialisti, quadri superiori) mediante tassazione con aliquota del 20%. Dal momento che l’Italia offre a queste categorie una tassazione nettamente più bassa (dal 4.3% al 12.9%) il sistema portoghese è meno competitivo di quello italiano

La condizione principale per potere usufruire del regime dei soggetti residenti non abituali consiste nel non avere avuto la residenza in Portogallo nei 5 anni precedenti la presentazione della domanda e soddisfare almeno una delle altre seguenti condizioni:

  • aver soggiornato in Portogallo per oltre 183 giorni nell’anno, oppure
  • comprovare entro il 31 dicembre del corrente anno di disporre di un’abitazione propria o in locazione che permetta di supporre l’intenzione di mantenerla e occuparla come residenza abituale, oppure
  • comprovare entro il 31 dicembre del corrente anno di essere membro di un equipaggio di navigazione marittima o aerea che abbia sede o direzione effettiva in Portogallo, oppure
  • svolgere funzioni o missioni di carattere pubblico all’estero, al servizio dello Stato Portoghese.

Lo statuto di residente non abituale potrà essere ottenuto a seguito di richiesta da presentarsi entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui si è trasferita la residenza fiscale in Portogallo. Tale statuto avrà una durata di 10 anni.

GRAN BRETAGNA – RND-Tax Regime

È la Gran Bretagna il Paese pioniere ad offrire agli stranieri che si trasferiscono all’interno delle sue frontiere lo status di non residenti ma domiciliati (“resident but not domiciled”), consentendo loro di optare per due diversi regimi di imposizione fiscale: il primo denominato arising basis e il secondo remittance basis.

Il primo consiste in una imposizione fiscale standard su tutto il reddito (world wide taxation) e il secondo in una esenzione fiscale sul reddito prodotto e lasciato all’estero, fatta eccezione per quella parte di reddito che si intende trasferire in UK.

Acquisire lo status di residente non domiciliato in UK o altro Paese anglosassone, e nel contempo non essere più fiscalmente considerato residente nel Paese di provenienza, è possibile grazie alla discrepanza in materia di residenza fiscale tra il diritto anglosassone e quello di altri Paesi europei dove vige il civil law. In questi ultimi, cambiare residenza significa spostare contemporaneamente anche il domicilio e con esso tutti gli obblighi fiscali correlati. Nel diritto anglosassone invece il domicilio corrisponde al luogo d’origine, vale a dire a quello che fin dalla nascita viene trasmesso dal padre a un figlio (o dalla madre se nubile) e può essere spostato solo su espressa decisione di volerlo spostare, seguita da azioni che dimostrino l’avvenuto spostamento. La persona fisica è residente in UK se trascorre almeno 183 giorni all’anno.

La scelta di optare per l’uno o l’altro dei due regimi succitati deve essere fatta annualmente in dichiarazione dei redditi. In pratica, è possibile scegliere ogni anno l’uno o l’atro dei due regimi. Se non si opta per il regime di remittance basis si considera scelto in automatico il regime arising basis.

Il remittance basis non ha costi durante i primi sei anni di residenza, mentre ha un costo di 30 mila sterline se la residenza è durata per sette degli ultimi 9 anni e di 60 mila sterline se la residenza è durata per dodici degli ultimi 14 anni.

Per chi è stato residente per 15 degli ultimi 20 anni, il regime remittance basis non è più applicabile. Ciò in ragione del fatto che dopo una residenza di 15 anni si presume che la persona fisica venga considerata presuntivamente domiciliata (deemed domiciled) e viene pertanto assoggettata a tassazione sui redditi ovunque prodotti. I deemed domiciled possono tuttavia mantenere all’estero i redditi e capitali accumulati durante il regime resident not domiciled senza pagare imposte ulteriori, fatta eccezione per i redditi prodotti dal possesso di tali beni a partire dalla data in cui hanno acquisito lo status di deemed domiciled.

Merita brevemente accennare al domicilio in UK ai fini successori e delle donazioni, tenuto conto che le persone fisiche domiciliate possono essere assoggettate all’imposta di successione o donazione anche se non residenti in UK al momento dell’evento morte. Si considera infatti domiciliato ai fini successori chi:

  • negli ultimi 3 anni precedenti la morte sia stato domiciliato in UK;
  • sia stato residente in UK almeno 15 anni negli ultimi 20 e almeno in uno dei 4 anni prima della morte;
  • sia stato residente e domiciliato nei 2 anni precedenti la morte.

In quest’articolo mi sono limitato a una descrizione generica del regime resident non domiciled, avvertendo che trattasi di normativa complessa. Per coloro che volessero avvalersi del regime resident non domiciled ritengo indispensabile l’assistenza di professionista esperto in materia, anche in ragione delle necessarie costanti verifiche post Brexit.

Se in passato la Gran Bretagna ha avuto un gran successo con il regime remittance, molti stranieri assoggettati a tale regime lo hanno abbandonato sia durante le incertezze della Brexit sia perché altri regimi sono nel frattempo divenuti più competitivi.

IRLANDA- RND-Tax Regime

Anche l’Irlanda applica al residente non domiciliato un regime fiscale simile a quello britannico, nel senso che i redditi prodotti all’estero (fatta eccezione per UK) sono tassati solo se trasferiti in Irlanda.

A differenza di UK, l’Irlanda non limita nel tempo il suddetto regime e lo status di residente non domiciliato si potrà ottenere se si soddisfano almeno uno dei seguenti due punti:

  • presenza fisica in Irlanda per almeno 183 giorni nell’arco di 12 mesi, oppure
  • per almeno 280 giorni durante l’anno in corso e quello precedente;

Chi risiede in Irlanda per 3 anni consecutivi acquista la residenza abituale.

Per quanto riguarda l’aliquota imponibile sul reddito prodotto in Irlanda o quello prodotto all’estero e trasferito nel Paese, esistono due aliquote distinte: il 20% e il 40%.

Quella del 20% viene applicata ai redditi sino a Euro 35’300, mentre quella del 40% a quelli che superano tale importo. La soglia di applicazione del 40% varia leggermente per le coppie sposate, elevandosi a Euro 44’300 nel caso di unico reddito e a Euro 70’600 nel caso di doppio reddito.

Sono esonerati da imposte chi ha compiuto 65 anni e dispone di un reddito non superiore a Euro 18’000, come pure i coniugi con reddito complessivo di Euro 36’000 se uno di essi ha compiuto 65 anni.

I redditi sino a un massimo di Euro 40’000 prodotti da artisti, scrittori e compositori sono esentati da imposte.

Sono previsti benefici anche per il settore agricolo: esenzione del 25% per i singoli agricoltori che investono per migliorare la qualità dei loro prodotti e del 50% per le imprese collettive e infine del 100% per i giovani agricoltori reduci da corsi di formazione.

Per l’Irlanda merita un breve cenno l’imposizione fiscale delle persone giuridiche, in particolare quelle che producono redditi commerciali (trading income da attività manageriali, finanziarie, bancarie, assicurative, ricerca e sviluppo ecc.), avvalendosi l’Irlanda della vantaggiosa aliquota del 12.5%. I redditi non commerciali, come pure quelli derivanti da attività petrolifere, minerarie o immobiliari scontano invece un’aliquota del 25%.

L’aliquota del 12.5% per i redditi commerciali è indubbiamente tra le più basse in Europa, unitamente quella svizzera che oscilla tra l’11% e il 15%, con l’ulteriore vantaggio, per quest’ultima, che viene applicata a qualsiasi reddito d’impresa.

SVIZZERA – forfait fiscal

La Svizzera è storicamente nota per una serie di regimi fiscali a bassa tassazione volti ad attrarre sia persone fisiche facoltose che persone giuridiche estere. In passato, oltre ad essere attratte dalle vantaggiose aliquote fiscali, le persone fisiche e giuridiche venivano incentivate a venire in Svizzera soprattutto grazie al segreto bancario e al mancato scambio di informazioni fiscali, pratiche per le quali la Svizzera era stata messa in black list dall’UE.

Negli ultimi anni, a seguito dell’abolizione del segreto bancario, soppressione degli statuti speciali destinati alle sole società estere e introduzione dello scambio automatico di informazioni, la Confederazione elvetica si è allineata agli standard OCSE. Oggi, la Svizzera può indubbiamente essere considerato il Paese più interessante in Europa per fare impresa, con aliquote complessive che oscillano tra l’11% e il 15% per qualsiasi tipo di reddito societario. Sul punto rimando a un mio precedente articolo: Riforma fiscale delle società svizzere (RIE III, Progetto fiscale 17).

Nel presente articolo, mi soffermo sul vecchissimo regime del forfait fiscale applicabile agli stranieri, introdotto per primo dal Canton Vaud e tuttora in vigore in alcuni cantoni svizzeri. Trattasi di regime fiscale che non si basa sulla sostanza e sul reddito effettivo del contribuente, ma sul tenore di vita e sul dispendio dello stesso e delle persone a suo carico in territorio elvetico.

Come funziona? Per il calcolo delle imposte cantonali e federali viene presa in considerazione la spesa minima del contribuente che ammonta oramai (a partire dal 1.1.2021) a 7 volte il canone di locazione o valore locativo[4] e solo chi dispone di reddito non inferiore a CHF 400’000 potrà beneficiare di questo regime. In pratica, lo straniero che acquista o prende in locazione un’abitazione che ha un canone di locazione o (in caso d’acquisto) un valore locativo mensile ad esempio di CHF 5’000, pagherà le imposte con la stessa aliquota di tutti (sino al 45%) su un reddito di CHF 420’000 (5’000 x 12 x 7).

Come ho già avuto modo di accennare, negli anni altri Paesi europei hanno offerto regimi simili e persino più convenienti, tanto che il regime svizzero del forfait fiscale ha perso oramai la sua attrattività. Molti Paperoni che avevano optato per il regime svizzero lo hanno nel frattempo abbandonato, in parte anche da quando l’Italia ha adottato il regime della flat tax che, oltre ad essere notevolmente più conveniente ai fini IRPEF, esonera i neo-residenti dalla imposte di successione e donazione dei beni situati all’estero e consente al contribuente straniero di svolgere un’attività lucrativa anche in Italia (assoggettata ad aliquota italiana), cosa che il regime del forfait svizzero non consente.

[1] Oltre a Gran Gretagna e Svizzera : Belgio Circulaire RH. 624/325.294 du 8 août 1983; Irlanda Taxes Consolidation Act del 1997; Spagna, Royal Decree 687/2005; Portogallo Decreto Legge 249/2009 ; Francia Art. 155 B du Code des impôts; Malta, art. 74 (a) e (b) Income Tac Act; Grecia, Legge 4646/12.12.2019; Cipro, Art. 3 Special Defence Contribution Law 117(I)/2002; Italia, Dispositivo dell’art. 24 bis TUIR (2017) e D.L. 34/2019, convertito con Legge n. 58/2019.

[2] Fonte Sole 24 ore del 27.8.2020

[3] Sono partecipazioni qualificate quelle che, nel caso gli strumenti finanziari siano quotati su mercati regolamentati, consentono una percentuale di voto superiore al 2% o che siano relative a una partecipazione al capitale superiore al 5%.
Se lo strumento finanziario non è quotato su mercati regolamentati le percentuali salgono, rispettivamente, al 20% (diritto di voto) e al 25% (capitale).

[4] In Svizzera, chi vive nella propria abitazione deve assoggettare al proprio reddito il cosiddetto valore locativo. Tale valore locativo corrisponde all’importo che il proprietario realizzerebbe in caso di locazione a terzi.

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